Wednesday, June 14, 2006

Mosceta Double trouble (MDT)

Era trascorso più o meno un anno dalla prima mancata edizione del Mosceta Double Trouble (meglio noto come MDT) e questa volta eravamo ben intenzionati a completare questa impresa EPICA anche se non sapevamo bene come sarebbe finita.
N.B.: Dovete sapere che l’anno passato successe un pò di tutto (qui di seguito elenco gli avvenimenti più salienti: 1 cambio rotto; 2 o 3 forature alla bici di Alberto, ma soprattutto un telaio criccato (la Trailstar di PdL)) costringendoci ad eseguire soltanto la discesa di Isola Santa (Single Trouble) con sosta prolungata al bar di tre Fiumi per rifocillarci ed ingozzarci di salumi, formaggio e birre a gogò.

Ritorniamo a Sabato.

L’orario di ritrovo è previsto alle 8.30 a Pontestazzemese ed alla spicciolata arrivano: Milk, Leopard ed il suo amico Lorenzo, Mr. Garmin, i pisani (secco, Hangover e Snowrider), i pratesi (Tomb ed il Tizianini) e.....................ma il Pazzo dov’è? Come al solito l’uomo JL è in ritardo, mi ha mandato un messaggio alle 8.20 dicendomi che si era svegliato allora e di iniziare la prima discesa senza di lui. A questa notizia io e Milk restiamo sconcertati anche perchè dobbiamo fare un minuto di raccoglimento ad Isola Santa per la vecchia Trailstar e battezzare la nuova Exalt e senza di lui è impossibile; non resta altro che fare melina, ma quanto possiamo reggere? Sono le 9.00 ed i bikers si spazientiscono così telefoniamo al ritardatario e decidiamo insieme che il luogo di ritrovo sarà la chiesa di Col di Favilla.
Saliamo in macchina fino alla Foce di Fociomboli, scarichiamo e prepariamo le bici e ci incamminiamo a piedi per il primo pezzo di discesa. Durante questa ascesa Snowrider viene preso da una folgorazione ed esclama: “ho scordato il casco in macchina”; si rigira e dopo un pò ecco arrivare una telefonata al cellulare di Gaetano (Hangover) che ci riferisce queste parole: “Snowrider ha dimenticato il casco a casa e quindi aspetta il Pazzo e forse vieni con lui”.
Arriviamo al momento della vestizione prima della discesa fino al rifugio Mosceta e.....si parte. Questo primo pezzo è un mio cruccio in quanto la prima volta che lo ho effettuato mi sono trovato spesso a scendere di bici, ma adesso non ho più l’amata Jakill, ma una splendida front for fuck che sicuramente mi darà nuove traiettorie e più sicurezza; infatti scendo bene in tutti i passaggi compreso “il canale” e “le fosse“, giungendo contento e soddisfatto al rifugio.

Voglio aprire una parentesi sui due passeggi sopra elencati: il primo (“il canale”) è un tratto in cui puoi scegliere svariate traiettorie, ma devi stare attento a guidare bene il mezzo in quanto ci sono degli scalini naturali che possono, se presi con troppo ardito, portarti all’imbocco della curva secca a destra, lungo e con poco margine di recupero; il secondo (“le fosse”) è il tratto che precede l’arrivo al rifugio di Mosceta ed in questo tratto bisogna stare attenti in quanto gli scalini sono più alti del precedente e dopo di essi ci sono cambi di direzione uniti a sassi piantati, ne consegue che una pinzata equivale ad un cappottamento (la denominazione è dovuto ai tratti in trincea che si sono venuti a formare probabilmente a causa dell’erosione dell’acqua).
Arrivati al rifugio non possiamo nemmeno sostare per un caffè o quanto altro in quanto siamo in ritardo sulla tabella di marcia e così......via in direzione Col di Favilla.

Ci avevano detto che avremmo potuto trovare della neve lungo il nostro cammino, ma io ero scettico sulla cosa in quanto le temperature erano troppo alte ed invece, proprio su un canale, ecco che si presenta dinnanzi ai nostri occhi uno scenario incredibile e così, stando attenti a non scivolare (scivolare=farsi 100mt. In discesa libera più in basso), sorpassiamo mesti mesti questo punto e via a tutto foooo fichè non vediamo la figura di Tiziano (Pazzo di Lucca).

Il momento di silenzio e quello per il battesimo del nuovo mezzo vengono rispettati, ma non possiamo rilassarci troppo e così iniziamo la discesa verso Isola Santa. Questa discesa è veloce su fondo per la maggior parte in terra battuta e pieno di tornantini a gomito per i quali avrei preferito avere il cerchio da 24’’ invece che da 26’’, ma sicuramente il consiglio che mi aveva dato Milk il giorno prima non è stato dato per nulla.
In un tratto in cui io, PdL, Milk, secco e Tomb sbanfavamo di brutto, ecco che il terzultimo della lista (la scaletta in discesa era al contrario) lancia la sua bicicletta per accoppare il 48enne pratese (effettivamente mi viene un pò di rabbia anche a me a pensare che con la sua veneranda età riesce a stare davanti ai piselli, ma proprio per questo tanto di cappello) che riesce di istinto ad evitarla.
Aspettiamo l’arrivo degli altri, ma Hangover è sparito; ci viene detto che ha rotto il forcellino, ma per fortuna anni di attività in mtb lo hanno reso un buon meccanico ed in men che non si dica lo riabbiamo nel gruppo (anche questa volta Mr. Garmin ha fatto sbagiare strada e questo lo ha insignito, dal solito secco, del nuovo titolo di Marco Polo).
Giungiamo così alla diga di Isola Santa ed adesso comincia il bello; dobbiamo fare 18km. di salita per ritornare alla Foce di Fociomboli e vi assicuro che non è stato per niente divertente. Come al solito il gruppo della maglia rosa (Tomb, secco, Milk & C.) stacca la volata e nelle retrovie rimaniamo io, PdL ed Hangover che stranamente è cotto (ultimamente gli hanno cambiato i turni di lavoro e non può più allenarsi come vorrebbe).
Entriamo nella galleria del Cipollaio dove, già da 20 Mt. prima, si riesce a sentire quel freddo primordiale che la rende famosa nella zona; dopodichè ecco un tratto in discesa e svolta a sinistra per Pian di Lago. A questo punto noi tre ci fermiamo dato che il Pazzo ha una ruota che sembra uscita dal KamaKama e che prontamente viene riparata alla meglio dall’attrezzatissimo Gaetano.
Si sale lentamente vedendoci sorpassare ogni tanto da stradisti che un pò ci prendono per il culo, ma non sanno quanto ci portiamo noi loro. La seconda sosta in salita viene effettuata a causa di una foratura e.......finalmente ecco arrivati sull’innesto della sterrata, dove ad aspettarci ci sono i nostri compari che pregano la madonnina per ritornare a casa sani e salvi.
Passiamo davanti alle macchine e vediamo lo sconsolato Snowrider che si è fatto du palle così a vedere la magnificenza del posto, lo salutiamo e risaliamo, ora a piedi, per il tratto che porta al “il canale”.

In questo tratto di salita siamo presi da allucinazioni stile Fantozzi, ma con una tenacità da paura avanziamo.
In questa 2° discesa non mi sento tanto in forma e nei tratti più ostici metto il piede per terra per non rischiare la trasformazione e così arrivo al rifugio.
Non ne posso più, ho una fame che schianto, se non mangio qualcosa adesso svengo, ma quel sonato del rifugio dà da mangiare a tutti for che a me; per fortuna ecco il panino col prosciutto, un bounty (era da bimbetto che non lo rimangiavo), una cocacola ed un caffè ed adesso diciamo che la situazione è migliorata.
Come ultima discesa ci aspetta quella che porta al paese di Cardoso; io è la prima volta che la faccio ma tutti mi dicono che è magnifica ed in effetti, a parte il primo tratto un pò a trabocchetto, visto le fossettine scavate ed i buchi coperti dall’erba, tutto il resto è magnifico.
Il tracciato è quasi tutto su terra battuta quindi è veloce, poco stancante per le gambe che ci ritroviamo, ma veloce a bestia e pieno di tornanti oyeahaaa. Passiamo in vari punti che sembrano alpeggi del trentino fino a che non arriviamo al rifugio dell’UOEI da dove si può ammirare la bellezza del monte Forato.

Il tracciato continua ed adesso è ancora più veloce con curve strettissime nelle quali bisogna girare andando o veloci come missili od in pieno stile trial. Ci sono dei tratti in salita dove mi vedo costretto a scendere dalla bici in quanto non ho più la forza nelle gambe, ma sono contento di fare questo sentiero e mi scoccia sapere che siamo giunti al termine.
Giungiamo così sulla strada asfaltata, oltrepassiamo il paese di Cardoso ed ecco le nostre vetture; dopo una breve sosta nella quale ci scoliamo un pò di birra tanto per eliminare l’acido lattico e salutare i forestieri ai quali attende un lungo viaggio di ritorno (soprattutto per i pratesi), ripartiamo per recuperare le vetture abbandonate in cima a quello che è stato il Mosceta Double Trouble.

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